In questa pagina ci sono le informazioni essenziali su cosa sono gli incontri e perché esistono.
Vogliamo riprenderci gli spazi della conversazione, dell’attenzione e dell’autonomia.
C’è qualcosa che non funziona nel sogno tecnologico di creare una società più connessa, efficiente, produttiva, informata, e anche nel sogno di sconfiggere la noia, la solitudine e l’ansia. Stiamo imparando a riconoscere il risultato di un modello di business che massimizza, a tutti i costi, la nostra presenza digitale, a scapito di altri tipi di interazione, al fine di trasformare la consapevolezza stessa in merce.
👉 Approfondimento su questi temi.
Se trovi che i social media spesso non siano un luogo di scambio sano, se li associ a stati mentali negativi, se trovi problematiche alcune abitudini che insorgono tramite l’uso dei dispositivi digitali, se riscontri problemi di attenzione, se la polarizzazione sociale e del dibattito ti affaticano, se trovi eccessivo l’uso indiscriminato di strumenti digitali, se vorresti parlarne con calma e con rispetto reciproco: gli incontri sono fatti per questo.
Cosa sono gli incontri, nel concreto
Gli incontri sono di persona, a Bologna. Occasionalmente potrebbero esserci incontri online, anche su richiesta. Vedi il calendario prossimi incontri qui. Gli incontri sono gratuiti. Si può partecipare una o più volte, anche a seconda del proprio interesse nel percorso a lungo termine (vedi qui sotto). Per partecipare, non è necessaria nessuna competenza, solo la vostra personale esperienza. Gli incontri avranno una facilitazione minima per consentire il rispetto dei tempi, dei turni di parola e delle modalità, ma al di là di questo non ci sono “giusto” e “sbagliato”: ogni esperienza è valida e verrà rispettata in quanto tale.
Per qualsiasi domanda scrivere a cuco@inventati.org
Gli incontri prevedono:
- Una parte di ascolto attivo, sul modello dei gruppi Auto Mutuo Aiuto (AMA – cosa sono?), in cui a giro, ogni persona può parlare, se lo desidera, della propria esperienza (non quelle altrui!) sul tema del digitale e salute mentale.
- Una seconda parte di discussione, più libera, per pensare al nostro rapporto con la tecnologia: come è, come vorremmo che fosse; per parlare di come cambiare abitudini; e anche per andare verso un cambiamento attivo nell’uso della tecnologia.
Data la vastità del tema, sarà anche possibile organizzarsi per fare presentazioni o incontri più specifici (es. solo sul tema dell’attenzione, su soluzioni pratiche, oppure piccoli laboratori tecnici e di autoapprendimento, …) in base alle esigenze che emergono. Li troverete sempre sul calendario.
Il percorso sul lungo termine
- È un lavoro di sensibilizzazione, di consapevolezza, di ascolto reciproco e di mutuo aiuto, ma è anche un modo di ribadire i propri diritti ed estenderli alla sfera digitale.
- Non è un tentativo di imporre un cambiamento dall’alto, ma di raccogliere i bisogni e priorità delle persone, in modo da potersi muoversi, collettivamente, verso un cambiamento che li rispetti.
- È un modo per ripensare le priorità e l’uso della tecnologia: la tecnologia deve essere al servizio delle persone e delle comunità, e non viceversa. Non è un percorso neutrale, ma parte dall’idea che una maggiore consapevolezza degli strumenti che usiamo quotidianamente sia necessaria per ottenere un’inversione del paradigma tossico che vede le relazioni e l’attenzione delle persone come una risorsa da cui estrarre profitto.
- Rispettiamo l’esperienza in campo tecnologico e scientifico, ma ci aspettiamo che questa venga usata per dare chiarimenti, non per offuscare e per creare gerarchie. Le competenze tecniche servono per affiancare la discussione e non per dominarla.
- In questo senso, chiunque partecipa ai cerchi è alla pari, e non ci sono esperti, se non una facilitazione minima che serve per il rispetto dei tempi e per concedere a tutte le persone presenti la possibilità di parlare.
Qual è lo scopo
In questo momento l’iniziativa si concentra sulla creazione di spazi di ascolto, discussione e mutuo aiuto; sul rilievo dei bisogni; sulla diffusione di materiali informativi gratuiti e sulla creazione di consapevolezza.
Crediamo che, prima ancora di proporre una “soluzione”, prima di fare campagne politiche per vietare o limitare qualcosa, l’ideale sarebbe portare avanti una conversazione collettiva, inclusiva e intergenerazionale.
Questo primo passo è fondamentale. Ne seguiranno altri, anche nell’ottica di proporre soluzioni, sia “analogiche” che “digitali”, alternative agli spazi digitali tossici: ma prima ancora di pensare alle soluzioni, è importante mettere in pratica l’ascolto, la comprensione, il ritorno alla conversazione.
Perché farlo?
Pensiamo che sia ora di riprendersi gli spazi della conversazione, dell’attenzione e dell’autonomia, e anche perché…
È ora di rifiutare il controllo automatico e tecnologico della consapevolezza, la mercificazione del sapere e della creatività, la privatizzazione degli spazi sociali.
Una realtà perpetuamente mediata da strumenti dell’informazione e algoritmi opachi e polarizzanti. Un’attenzione continuamente soggetta a distrazioni e redirezioni tecnologiche dei dispositivi e del software; un uso di schermi che, portato all’eccesso, indebolisce le capacità di empatia e di dialogo. Prese assieme, queste dinamiche non solo riducono la nostra autonomia individuale, ma confondono il significato di socialità e creano un pericolo per la democrazia stessa.
È ora di inquadrare la salute mentale come qualcosa di collettivo, non individuale.
In particolare nel rapporto con il digitale, la dimensione della salute mentale non è individuale, ma è profondamente legata al contesto che quotidianamente abitiamo; non è generazionale, ma collettiva: se da un lato è vero che l’infanzia e l’adolescenza sono maggiormente colpite da un uso pervasivo degli strumenti digitali, questo fatto non può essere usato per nascondere che la natura del cambiamento tecnologico ha un effetto profondo e intimo su chiunque, e che un ragionamento più ampio deve avere luogo. Prima di pensare di potere “educare” altre persone, dovremmo rivolgere lo sguardo verso di noi.
È ora di mettere la tecnologia a servizio della conversazione e dell’attenzione, non viceversa.
Evitando di fare della tecnologia un capro espiatorio, ma andando invece a comprendere come sia stato un modello di business, irrispettoso della dignità e dei diritti umani, a dirottare la tecnologia digitale per fare delle nostre capacità cognitive una merce, scambiabile e vendibile come se fosse un oggetto qualsiasi. Costruire una critica a questo modello e sapere contrastarlo è fondamentale per riappropriarsi della tecnologia in senso conviviale.